Sarentino
Il comune di Sarentino si trova a nord di Bolzano, da cui è distante circa 20 km. Costituito da 27 piccole frazioni, esso è uno dei comuni più vasti dell'Alto Adige. Ricco di tradizioni e usanze popolari, il comune trae le sue origini dalla valle omonima, la Val Sarentino, i cui abitanti sono dediti all'allevamento e all'agricoltura.
"Sarner" è il nome tedesco della località, ed è chiamato "Sarner" anche il costume tipico locale che riproduce l'abbigliamento contadino di un tempo fatto con lana di pecora. Ancora oggi gli abitanti del posto riproducono fedelmente l'abbigliamento e i singoli accessori, basti pensare al cinturone di cuoio ricamato con penne di pavone che completa il costume tradizionale maschile. Non è un caso se il costume tipico della Val Sarentino sia uno dei più apprezzati del posto.
L'amore e il rispetto delle tradizioni è strettamente connesso all'utilizzo dei frutti della terra. È proprio in questa località dell'Alto Adige che viene infatti prodotto l'olio essenziale di pino mugo "Pinus sarenensis" che, grazie ai suoi effetti benefici, viene definito "olio benedetto" nel linguaggio popolare.
Ma il territorio di Sarentino offre anche numerose attrazioni per gli amanti di arte, cultura e tradizione. Basti pensare alla Chiesa Parrocchiale di Maria Assunta, situata proprio nel centro storico, o al Castel Regino che domina il paese. Meritano certamente una visita gli "omini di pietra" della Val Sarentino, cumuli di pietra posizionati sulla sommità del Monte Schöneck avvolti da un'antica leggenda e da un'aura di mistero. E non può mancare una visita al carattertistico Mercatino di Natale.
Il pino mugo della Val Sarentino e il suo olio essenziale
Il pino mugo della Val Sarentino “Pinus Sarenensis” è una pianta medicinale usata sin dall’antichità i cui effetti benefici, per la mente e per il corpo, vengono apprezzati ancora oggi. Il suo elevato profumo balsamico e la sua consistenza resinosa, lo rendono un olio vitale ed energetico largamente impiegato per le cure del corpo.
La qualità del terreno e la posizione soleggiata della Val Sarentino sono le caratteristiche principali per la coltivazione di pino mugo. A questa segue la distillazione per la produzione dell’olio, secondo i metodi tradizionali di un tempo. Una lunga tradizione tramandata di generazione in generazione che ancora oggi dà vita agli oli più pregiati della zona. La raccolta degli aghi di pino (ne occorrono almeno 250 kg per produrre un solo litro d’olio) segue un lavoro paziente e manuale che richiama la vita di un tempo.
L’olio di pino mugo della Val Sarentino fresco e balsamico che richiama anche il profumo del legno e della resina, trova largo impiego nei centri benessere. Esso viene particolarmente usato per stimolare il tessuto cellulare e per creare un effetto equilibrante sulla pelle.
Ecco un elenco delle tematiche collegate:
Sarentino
Gli “Omini di Pietra” della Val Sarentino e la misteriosa leggenda della strega “Pachlerzottl”
La Val Sarentino, meta escursionistica e fulcro di antiche tradizioni, è molto conosciuta anche per gli “omini di pietra” (Stoanernen Mandln), delle colonne fatte con cumuli di pietra arenaria, disposte sulla cima Hohe Reisch a 2.003 metri s.l.m. Non è raro trovare tali formazioni in alta montagna, il più delle volte esse fungono da orientamento nei sentieri di alta quota e vengono realizzate da escursionisti o pastori nei momenti di sosta. Ma le incisioni nella roccia e gli attrezzi di pietra focaia rinvenuti nella zona rendono altrettanto speciali gli “omini di pietra” della Val Sarentino, le cui origini risalgono molto probabilmente all’età della pietra.
Durante l’inverno, quando una nebbia fitta ricopre la vetta del monte, gli “omini di pietra” sono come avvolti da una misteriosa atmosfera che rievoca antiche storie e leggende. Si narra infatti che il diavolo e le streghe erano soliti incontrarsi in questo luogo per compiere atti di cannibalismo, orge o per scatenare violenti temporali. Anche la strega “Pachlerzottl”, la più nota della Val Sarentino, era solita aggirarsi da queste parti.
In effetti la vicende della strega Pachlerzottl è avvolta da un triste ricordo. Il suo vero nome era Barbara Pachlerin, una donna bruciata viva nel 1540 perché sospettata di stregoneria. Gli abitanti di Prati sospettavano che sin da bambina Barbara, così come sua sorella e sua madre, fosse una strega, ecco perché, dopo aver sposato il proprietario del maso Pachler (il signor Kunz), lasciò il posto di origine per trasferirsi a Lana al Vento, con la speranza di vivere in pace lontana dalle cattive dicerie. Purtroppo l’invidia dei vicini e le strane abitudini della bimba favorirono i sospetti anche nel nuovo paese di residenza. Addirittura Barbara fu accusata di essere la causa della morte di un bambino ammalatosi gravemente che lei stessa aveva cresciuto e curato amorevolmente. Afflitta dagli sguardi della gente e dall’impossibilità di difendersi, Barbara iniziò a condurre una vita isolata vagabondando di tanto in tanto senza prestare attenzione al suo aspetto disordinato. Ben presto si guadagnò il soprannome di “Pachlerzottl” (la scarmigliona del maso Pachler). Ben presto le autorità vennero a conoscenza di questa strana ragazza ecco perché venne rinchiusa nella torre del Castel Reineck dove fu costretta a subire numerose torture. Il 28 Agosto 1540 Barbara venne condannata al rogo e solo nel 20° secolo venne soprannominata la strega “Pachlerzottl”.